I Vini del Lario, il dossier del 7^numero della nostra rivista.

Il vino, una delle bevande alcoliche più apprezzate in tutto il mondo, si definisce come prodotto ottenuto dalla fermentazione del frutto della vite, l’uva, o del mosto.

Quello che forse non tutti sanno, è che anche il nostro territorio può vantare una produzione vitivinicola di tutto rispetto, con vini di grande pregio che già nei secoli scorsi accompagnavano i banchetti di nobili e non solo. Dalla Brianza lecchese, sino all’alto lago, tanti sono i produttori che nel corso degli anni hanno lavorato sodo per produrre un vino che rispecchiasse al palato le caratteristiche di uve tipiche ed esclusive del territorio lariano.


I vini del Lario

Senza addentrarci troppo in considerazioni tecniche che lasciamo agli esperti del settore, possiamo affermare senza rischio di smentita che la produzione di vino intorno al Lario è abbastanza varia e in grado di mostrare la sua qualità sia a livello di bianco che di rosso. Il bianco si produce con uve dei vitigni Verdese bianco (l’unico storicamente locale), Chardonnay, Pinot bianco, Riesling, Sauvignon e Trebbiano da Trebbiano toscano, mentre per il rosso sono utilizzati Barbera, MCabernet, Sauvignon, Merlot, Marzemino, Croatina, Sangiovese e Schiava. Diverse le versioni proposte, dal secco al dolce, dalle bollicine al passito, senza dimenticare il novello.

Caratteristiche comuni a tutte le produzioni sono la freschezza, la sapidità e la longevità, vini molto abbinabili alla cultura gastronomica non solo del lago, ma anche della Brianza. Ogni singola cantina punta poi sulla personalizzazione del proprio vino, legata sia alle caratteristiche dell’uva prodotta in un determinato territorio, ma anche al determinato processo di produzione che si sceglie per valorizzare al massimo la materia prima, dando a ogni vino la sua identità ben precisa.

vino del lario

Per tutelare, promuovere e valorizzare i vini del territorio, nel dicembre 2009 è nato il Consorzio IGT Terre Lariane che identifica i vini prodotti in una vasta area in cui sono compresi ben 195 comuni, delle province di Como e Lecco, tutti più o meno affacciati sulle sponde del Lario. L’acronimo IGT sta infatti a indicare Indicazione Geografica Tipica.

Le località in cui si concentra maggiormente la produzione vinicola sono rappresentate dalle colline intorno a Montevecchia, nella Brianza lecchese, e Domaso, nell’Alto Lario occidentale. In queste due zone la viticoltura ha radici lontane, ma con il passare degli anni si sono sviluppate nuove realtà anche nella zona est della provincia di Como e, sulla sponda lecchese del lago, a Colico, Perledo e Calolziocorte. Molteplici testimonianze documentano come in questi territori si producessero vini di qualità già in epoca romana per approvvigionare la vicina Mediolanum.

Primo a menzionare il “vino retico” fu il filosofo e storico greco Strabone, vissuto a cavallo della nascita di Cristo, mentre secoli dopo, nel XV, fu il geografo Sebastiano Compagni a tessere le lodi del vino lariano. Tra il XVIII e il XIX secolo si ritrovano inoltre importanti apprezzamenti anche nelle opere di Stendhal, Goethe, Carlo Porta, Cesare Cantù e Alessandro Manzoni che ha accennato alla viticoltura lariana nel suo capolavoro “I Promessi Sposi“.

Sul finire del 1800 iniziò una fase di declino causata dalla fillossera, un insetto di origine americana che in Italia venne segnalata per la prima volta nei territori di Valmadrera, in provincia di Lecco, e ad Agrate, nel milanese. Questo insetto distrusse gran parte dei vigneti. Fu così che, in alternativa alla vite, si iniziò a coltivare il gelso, fondamentale per le industrie seriche che si stavano sviluppando in quel periodo tra Como e Lecco.

La crescente industrializzazione di questi territori portò inoltre la popolazione ad abbandonare la vita agricola e furono pochissime le attività vitivinicole che resistettero. Alla fine del XX secolo alcuni appassionati hanno ripreso a coltivare la vite in alto lago e nella Valle del Curone, reimpiantando vitigni nobili, ma trovandosi ben presto a dover fare i conti con difficoltà comuni. Le superfici ridotte, frammentate e spesso terrazzate a causa delle pendenze del territorio, facevano sì che la quantità di vino prodotto fosse limitata e gli oneri produttivi elevati, così come il prezzo finale. Ciò dava poca forza economica e commerciale ai produttori, i quali facevano fatica a farsi conoscere nel loro stesso territorio.

La costituzione del consorzio ha permesso ai singoli produttori di fronteggiare le problematiche sopracitate e di far crescere la loro produzione, sia qualitativamente che in termini di quantità. Tramite il consorzio, i soci possono usufruire di formazione e consulenze sia agronomiche che enologiche, volte a migliorare la qualità dei prodotti. Sempre in quest’ottica, è stata creata una cantina cooperativa che fornisce supporto pratico ai soci per le fasi di vinificazione e imbottigliamento, garantendo una diminuzione dei costi di produzione. Tale progetto, unico in Italia, permette di vinificare singolarmente i loro prodotti, condividendo però con gli altri le spese di gestione della cantina.

Il Consorzio IGT Terre Lariane rappresenta, infine, un valido strumento di co-marketing attraverso il quale le singole aziende collaborano al fine di promuovere e valorizzare i prodotti, e di conseguenza l’IGT, partecipando a fiere di settore, come Vinitaly e Ristorexpo, e ad altri eventi locali nei quali, singolarmente, sarebbe più difficile ricoprire un ruolo da protagonisti poiché richiederebbero un notevole impegno organizzativo e finanziario.

Lo stesso Consorzio si impegna in prima persona nell’organizzare manifestazioni nel territorio lariano che permettano ai soci di farsi conoscere da nuovi potenziali consumatori. Tra questi, il più significativo è “Montevecchia da bere”, ovvero un percorso enogastronomico a tappe tra le vie di Montevecchia a cui ogni anno prendono parte centinaia di visitatori per assaggiare i vini dell’IGT e i tanti prodotti tipici del territorio.

Da tutto ciò si evince come il Consorzio Terre Lariane sia un valido rappresentante delle attività vitivinicole presenti nelle province di Como e Lecco, come testimonia anche il costante aumento delle adesioni, passate dalle 7 aziende fondatrici del 2009 alle 18 attuali, con previsione di ulteriore aumento nel 2023.

Le Cantine del Consorzio IGT Terre Lariane

  • La Costa, La Valletta Brianza (LC)

  • Sorsasso Lago di Como, Domaso (CO)

  • Cantine Angelinetta, Domaso (CO)

  • Terrazze di Montevecchia, Montevecchia (LC)

  • Cascina Bellesina, Missaglia (LC)

  • Maggioni Francesco, Montevecchia (LC)

  • Tre Noci, Sirtori (LC)

  • Sala Agricoltura, Montano Lucino (CO)

  • Santa Croce, Missaglia (LC)

  • Vigne Casati, Merate (LC)

  • Tenuta Montecchio, Colico (LC)

  • Il Ceresè, Montevecchia (LC)

  • Viticoltura Cardinal Federigo, Calolziocorte (LC)

  • Rossi Simone, Calolziocorte (LC)

  • Azienda Agricola Concordia, Fino Mornasco (CO)

  • Azienda Agricola Runch di Ronchi Lorenzo, Montevecchia (LC)

  • Azienda Agricola Festorazzi, Perledo (LC)

  • Limonta Lorenzo, Montevecchia (LC)

LA DOMANDA: Qual è il vino più complesso da produrre?

A rispondere è Claudia Crippa, presidente del Consorzio IGT Terre Lariane:

«Sicuramente lo spumante, che nel nostro territorio sta prendendo sempre più piede grazie alle caratteristiche di freschezza, sapidità e acidità che troviamo nelle nostre uve, molto adatte alla spumantizzazione. Complesso perché il processo enologico di produzione richiede maggior conoscenza della microbiologia e della chimica, con temperature da rispettare al grado centigrado per avere poi un risultato finale ottimale, così come per quanto riguarda l’umidità e tutti quei parametri correlati che entrano in gioco. Da sottolineare che il nostro metodo di spumantizzazione è quello classico, con rifermentazione in bottiglia, e non lo Charmat che utilizza invece l’autoclave».

Il libro

Civiltà del vino sul Lago di Como” è il titolo di un’opera di Leo Miglio, figlio di Gianfranco Miglio, giurista, accademico e politico comasco, nonché senatore della Repubblica Italiana, che si impegnò in prima persona, durante il periodo più buio della produzione vinicola lariana, nel risollevarne le sorti.

Il volume, pubblicato nel 2017 e che Leo iniziò a scrivere ben 13 anni prima, rappresenta un vero e proprio sunto di quella che è la storia del vino sul Lago di Como. Leo, professore ordinario di Fisica della Materia al Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università di Milano Bicocca, ha seguito la passione del padre portando avanti il lavoro dei vigneti di famiglia a Pozzolo di Domaso, dove ha impiantato una serie di uve retiche, passando poi la mano all’amico Emanuele Angelinetta, che con la sua cantina è uno dei soci del Consorzio IGT Terre Lariane.

Nel suo libro, Miglio fa una panoramica dal passato al presente, guardando anche al futuro, di ciò che è stato, è, e sarà, il vino nel territorio comasco. Il tutto in forma romanzata, addentrandosi anche nella quotidianità della vita nel vigneto, illustrando tecniche e pratiche della produzione del vino.